Falso in bilancio: dal 14 giugno le pene saranno più severe

 

Dal 14 giugno 2015 entrerà in vigore la nuova disciplina relativa al “falso in bilancio”. L’intervento è dedicato ad un’analisi comparativa della nuova disciplina con particolare riguardo ai riflessi sui principali soggetti interessati (amministratori, sindaci, liquidatori, consulenti, etc.).

Le novità in sintesi

Prima di esaminare nel dettaglio la nuova disciplina si indicano, di seguito, le principali novità introdotte dalla legge 27 maggio 2015 n. 69, che entreranno in vigore dal 14 giugno 2015:

le “false comunicazioni sociali” sono disciplinate diversamente a seconda che la società interessata sia quotata (nuovo art. 2622 c.c.) o meno (art. 2621 c.c. );

la precedente fattispecie delle “false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci e dei creditori” (art. 2622 c.c. ) è inglobata nell’ambito dei reati di cui al punto precedente;

i reati interessati assumono generalmente la più grave forma del delitto, rispetto al precedente inquadramento nell’ambito delle contravvenzioni;

si assiste a un notevole aggravamento delle pene (es. reclusione da 2 a 5 anni, contro il precedente arresto sino a 2 anni, per le false comunicazioni sociali di società non quotate);

sono state sostituite le soglie quantitative di non punibilità con una nozione di “lieve entità del fatto”, rimessa maggiormente all’apprezzamento del giudice;

è prevista la procedibilità d’ufficio per i reati interessati, eccetto nell’ambito delle società non fallibili ex art. 1 comma 2 Legge Fallimentare.

Confronto fra la nuova disciplina e quella precedente

Nella tabella, posta al termine del paragrafo, è riportato un confronto fra la nuova e la vigente formulazione dell’art. 2621 c.c., rubricato “False comunicazioni sociali”. La novella ha modificato radicalmente l’art. 2622 c.c., oggi riservato alle sole società quotate e quindi non confrontabile con l’attuale disposizione, oltre a introdurre i nuovi articoli 2621 bis e 2621 ter , in materia d’entità del fatto, di cui si dirà fra breve.

Elemento soggettivo: intenzione di ingannare i soci o il pubblico

Da un confronto letterale delle formulazioni legislative la prova dell’elemento soggettivo del reato sembra meno rigorosa in quella novellata. La condotta, infatti, è sufficiente che sia finalizzata a conseguire un ingiusto profitto, mentre non è più richiesta l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico.

Pene previste

Il quadro sanzionatorio appare senza dubbio più gravoso, come emerge dalla tabella sotto.

Fattispecie di reato Disciplina sino al 13 giugno 2015 Nuova disciplina dal 14 giugno 2015
False comunicazioni sociali in società non quotate

senza danno: arresto sino a 2 anni

con danno: reclusione da 6 mesi a 3 anni

reclusione da 1 a 5 anni
False comunicazioni sociali in società quotate reclusione da 1 a 4 anni reclusione da 3 a 8 anni

Cause di non punibilità e circostanze attenuanti

La disciplina delle cause di non punibilità e delle circostanze attenuanti è quella che ha subito le maggiori modifiche, insieme alla già citata entità delle pene.

Nella formulazione oggi vigente la punibilità è esclusa se le falsità (o le omissioni) non alterano in modo sensibile la situazione contabile aziendale. La punibilità non è comunque prevista se l’alterazione è inferiore a percentuali applicate su utile al lordo delle imposte e patrimonio netto. Nei casi citati si applica, comunque, una sanzione amministrativa.

Dal 14 giugno, in base ai nuovi articoli 2621 bis e 2621 ter c.c.:

la punibilità è esclusa, ai sensi del nuovo art. 131 bis c.p. , se il giudice ritiene di particolare tenuità il fatto considerato, soprattutto, il danno cagionato a società, soci e creditori;

la pena è ridotta (da 6 mesi a 3 anni) se i fatti sono di lieve entità “tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”.

Procedibilità per il perseguimento del reato

La nuova formulazione prevede, in generale, la procedibilità d’ufficio per i reati. La querela della persona offesa è necessaria solo quando la società danneggiata rispetta i limiti di non fallibilità previsti dalla Legge Fallimentare.

Nuova versione dal 14 giugno 2015 Versione vigente sino al 13 giugno 2015

Art. 2621 False comunicazioni sociali

1. Fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

2. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Art. 2621 False comunicazioni sociali

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino a due anni.

2. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

3. La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.

4. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

5. Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.

Considerazioni e conseguenze per i soggetti interessati

Si premette che le nuove disposizioni troveranno applicazione esclusivamente per i fatti commessi a partire dal 14 giugno 2015. I bilanci interessati, salvo casi particolari, saranno quelli a partire dal 31 dicembre 2015.

Dall’analisi appena svolta emerge un quadro normativo certamente più rigoroso per i soggetti coinvolti (amministratori, liquidatori, sindaci, direttori generali, etc.). Si possono svolgere, in particolare, le seguenti considerazioni:

l’eliminazione delle soglie quantitative di non punibilità rende certamente più incerta la situazione (si pensi, per esempio, alla determinazione della soglia di rilevanza nella revisione legale spesso ancorata ai criteri penalistici soppressi). Il giudice, d’altro canto, avrà maggiore discrezionalità nel valutare l’entità del danno, potendo escludere la punibilità se quest’ultimo è particolarmente lieve;

la procedibilità dei reati d’ufficio, non assume un’importanza fondamentale, in quanto presumibilmente saranno sempre i soci o i creditori ad assumere l’iniziativa, salve le ipotesi di provvedimenti di amministrazione giudiziaria o di procedure concorsuali.

Con riguardo, in particolare, ai consulenti essi non sono interessati in prima persona dalle fattispecie penali commentate che costituiscono “reati propri” per amministratori, liquidatori, sindaci, etc. È necessario, tuttavia, porre attenzione:

a un eventuale concorso, materiale o morale, nel reato. Si pensi a un consulente che suggerisca intenzionalmente agli amministratori condotte volte “falsare” i documenti contabili societari;

ad atti d’ingerenza del consulente nell’amministrazione e nella gestione della società. Tali condotte, specie se abituali, potrebbero fare assumere al consulente la qualifica di “amministratore di fatto” della società, perseguibile alla stregua dell’amministratore di diritto ex art. 2639 c.c.